Ricerca e immagine abitata


Parafrasando il titolo del ben noto scritto dell’indimenticato anglista Mario Praz, si potrebbero connettere la carne, la ricerca e l’architettura in un nesso, non causale ma nemmeno casuale, così come le abbiamo ideate e correlate in uno di quei gioielli appartati che spesso il seducente sottosuolo di Roma nasconde: la cripta Falconieri del Borromini situata sotto la basilica parrocchiale di San Giovanni de’ Fiorentini.


 La cripta del Borromini "allagata"
Nell’horto concluso del piccolo miltoniano paradiso perduto, l’angelo caduto Borromini ci ha fornito l’ideale collocazione per ambientare e rendere tridimensionalmente i molti, a volte anche divergenti concetti, che collegano ricerca e spazialità, ricercatori e ambienti, carne e tecnologia, creatività, ricerca e spazio fisico. La topografia del luogo riflette (e questo verbo non è a caso qui utilizzato come sarà tra qualche riga evidente) nella geometrica solitudine dell’ambiente, la sotterranea emersione di uno spazio, ma perchè no di un pensiero, di una ideazione, di una invenzione.
Il rincorrersi e l’alternarsi di spazio e mente diventano facile metafora della ricerca. La condizione dell'artista/ricercatore chiama la solitudine.
Una grande forza morale gli occorre per attraversare il quotidiano e vivere l'inquietudine che gli è propria: l'inquietudine del nuovo.


Per quanto possa desiderarlo l'artista come il ricercatore non è votato al successo. Il consenso non misura la sua grandezza, bensì la fortuna di una immagine e il gusto di una società.
Ogni vero artista/ricercatore contiene un visionario e ciò lo fa diverso: non si è artisti/ricercatori per i vicini di casa.
E' una visione romantica che stride con la globalizzazione nella quale siamo immersi ma che ancora ha qualcosa di vero.
Sono compresenti più elementi che compongono il nostro percorso di ricerca-mostra di logos-installazione:
- La ricerca e la conferma di una rappresentazione dell’idea dell'abitare le immagini.
- Lo spazio si trasforma in un’immagine di se stessa per essere abitata. L'artista visionario.
- Il ricercatore, i ricercatori sono presenti e montati come un vociferare, un noise continuo, un suono di massa d’acqua.



Il tema dell’acqua costituisce il tessuto connettivo del riflettere e della riflessione, nella duplice accezione dei termini.
Per riprendere anche in questo caso una suggestione letteraria alla ‘morte per acqua’ di Eliot fa da contrappunto l’acqua rinascente e fa da cornice il viaggio della conoscenza che dal marinaio fenicio della Waste Land ci fa risalire al marinaio greco Ulisse, passato attraverso una lente joyceana, che circolarmente riconduce alla ricerca, alla conoscenza, al sapere da attingere e condividere.
Nella cripta è collocata una installazione che consta di una "lente d'acqua" posta al centro dello spazio a lambire i lati delle pareti, una vasca nera contenente una lamina di 5 cm di acqua pulita che riempie la quasi totalità dello spazio
Lo schermo/lente d'acqua/specchio virtualizza lo spazio, lo riporta dentro ad una immagine instabile.
Al tocco la superfice dell'acqua si modifica mettendo in atto una interattività a bassa tecnologia ma immersiva: ci si specchia, ci si può entrare, la si può abitare.
L’ installazione ragiona con una idea di interattività e virtualità non-digitale, non-elettronica, concettuale, hands-on.
Una sola luce, debole punta verso il soffitto per renderlo "visibile" dalla lente d'acqua.
Lo specchio d’acqua, ci mostra ciò che non possiamo altrimenti vedere. Lo spazio incompiuto, riflesso si ricostruisce in una imagine che è reliquia dello spazio stesso.
Nella cripta è collocata una installazione che consta di una "lente d'acqua" posta al centro dello spazio a lambire i lati delle pareti, una vasca nera contenente una lamina di 5 cm di acqua pulita che riempie la quasi totalità dello spazio

Lo schermo/lente d'acqua/specchio virtualizza lo spazio, lo riporta dentro ad una immagine instabile.
Al tocco la superfice dell'acqua si modifica mettendo in atto una interattività a bassa tecnologia ma immersiva: ci si specchia, ci si può entrare, la si può abitare.
L’ installazione ragiona con una idea di interattività e virtualità non-digitale, non-elettronica, concettuale, hands-on.
Una sola luce, debole punterà verso il soffitto per renderlo "visibile" dalla lente d'acqua.
Un suono-massa porta le voci della ricerca.



Sveva Avveduto, Direttore IRPPS C.N.R.
Fabio Fornasari, Architetto