Dal Golem alla creatura del dott. Frankestein


DAL GOLEM.....
Il nome Golem appare una sola volta nella Bibbia al verso 16 del salmo 139: “I tuoi occhi videro il mio Golem e nel tuo libro erano tutti scritti i giorni che m'erano destinati" , dove il termine sta a indicare l'embrione umano, l'esistenza imperfetta prima della creazione.

Dal XII secolo i testi cabbalistici alludono alla possibilità di scimmiottare l'opera divina simulando la creazione di Adamo dal fango con un fantoccio d'argilla che, attraverso riti magici, poteva animarsi ad una vita fittizia e robotica. Nel 1808 Jacob Grimm elabora in forma romanzesca la leggenda ormai popolare del Golem costruito dal cabbalista e mago rabbi Loew (1515-1609) nella Praga di Rodolfo II d'Asburgo, imperatore appassionato d'esoterismo e d'astrologia. In questa versione il fantoccio d'argilla cresce a dismisura fino a minacciare chi lo aveva creato.

Il Golem diviene quindi il punto di partenza per una variante del mito antichissimo dell'apprendista stregone che già Luciano di Samosata riprese da fonti egizie nel Philopseudes. Sotto questo aspetto il Golem diviene simbolo della tecnica moderna e viene sfruttato da Achim von Arnim e da Hoffmann. La filiazione più nota del Golem in questo filone del romanzo gotico è senza dubbio il Frankenstein di Mary Shelley pubblicato nel 1818.

L'opera cinematografica più nota è senza dubbio Der Golem di Paul Wegener, del 1920, considerato un capolavoro del cinema espressionista tedesco. In verità c'erano stati due precedenti Golem in pellicola realizzati dallo stesso regista. L'iconografia più nota del Golem resta comunque quella dove il mostro, interpretato dallo stesso Wegener, ha una singolare capigliatura da paggio, una giubba medievaleggiante con un grosso cinturone, l'andatura caracollante da zombie e l'occhio incandescente quando diventa cattivo. Una stella che porta al collo lo anima fino alla fine, quando a farlo crollare sarà la mano innocente di una bambina che la rimuoverà. 

Questa scena, dell'automa mostruoso e della bambina, sarà prototipo dell'analoga sequenza del Frankenstein cinematografico dove sempre una bambina prende la mano all'automa costruito con pezzi di cadavere. 
In un'ottica più legata alle culture antagoniste il Golem cinematografico segna il punto di partenza di un percorso di fiction che celebra il moderno mito dell'uomo macchina, dell'organico che viene sedotto dal sogno della perfetta eternità che la tecnologia sembra promettere. Il Golem impressionista del 1920 può essere quindi considerato il prototipo di un filone cinematografico che arriva fino ai nostri giorni, in cui viene variamente sviluppato il tema centrale di un uomo - dal cabbalista si passerà allo scienziato - che crea un altro uomo artificiale, non più d'argilla, ma prima in metallo poi in materie plastiche iperrealiste, per asservirlo ai propri progetti, che restano quasi sempre ben ancorati al classico desiderio di potere e ambizione di onnipotenza.
(Gianluca Nicoletti)

...ALLA CREATURA DEL DOTT. FRANKESTEIN


Il  primo  mostro  di  Frankenstein  cinematografico , realizzato nel 1910 da J. Searle Dowley, è la prima creatura cyberprometeica. Muore guardandosi allo specchio, trafitto dalla consapevolezza della propria inconsistente fantasmaticità. Il cinema espressionista ruoterà intor no ai riflessi, alle ombre animate, che traggono linfa vitale dagli specchi e dai muri. 

Nel 1920 Paul Wegener crea il Golem, l’automa d’argilla animato per  liberare  il  ghetto  dall’oppressione.  Macchina  emozionale  ante  litte ram, si spegnerà per struggente desiderio d’affetto. Brancola in una Praga artificiale, irta di tetti aguzzi e labirinti escheriani. Scenografie che pre figurano la Metropolis di Fritz Lang e l’angosciosa Los Angeles di Blade Runner. La città come labirinto claustrofobico, attuazione estrema dell’il luminismo progettuale, degenerato in perversioni architettoniche, in cu nicoli e anfratti seriali. Prefigurazioni delle metropoli occidentali e delle megalopoli terzomondiste. Organismi immensi e difformi, in cui i gratta cieli, cattedrali delle multinazionali, svettano circondati da discariche in fiamme e immensi slum di fango e lamiera. Derive urbane acefale in espansione perenne, in cui proliferano miriadi di schermi baluginanti, in pieno Videodrome  croneberghiano.  Incubi  di  cemento  scaturiti  dalle  pagine  di William Gibson e Philip Dick, invivibili come città ma set ideali per film.

Giuseppe Sansonna (dal catalogo di “Macchine e Carne)

Giuseppe Sansonna,  il curatore della rassegna cinematografica, è stato collaboratore di Fuori Orario di Enrico Ghezzi dal 2001 al 2005. Da regista ha realizzato diversi documentari tra cui: Fram- menti  da  Nairobi,  panoramica  sulle  bidonville  della  capitale  keniana;  Si diverta a guardare, storia dell’immigrazione meridionale a Torino raccon- tata da un truffatore; A perdifiato, storia di Michele Lacerenza, trombettista feticcio di Sergio Leone ed Ennio Morricone. Nel 2009 ha realizzato Zemanlandia,  ritratto  del  boemo  Zdenek  Zeman,  allenatore  eversivo  del calcio italiano; nel 2010, Lo sceicco di Castellaneta, incursione grottesca nella cittadina ionica che diede natali al più grande divo del muto: Rodolfo Valentino


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